Negli ultimi anni la parola “digitale” è entrata con forza nella scuola. Si parla di lavagne interattive, registri elettronici, piattaforme online, intelligenza artificiale. Ma il rischio è quello di fermarsi agli strumenti e di dimenticare il vero obiettivo: cambiare il modo in cui impariamo e insegniamo.
Il professor Roberto Maragliano lo ha detto chiaramente: la scuola italiana non è ancora pronta al digitale. Non basta mettere un tablet sui banchi per trasformare una lezione. Serve un cambiamento più profondo. L’insegnamento tradizionale, fatto di spiegazioni frontali e di studenti che ascoltano passivamente, non funziona più in un mondo in cui le informazioni sono ovunque e la curiosità si muove veloce. Il digitale non è una moda, ma un’occasione per ripensare la didattica: più collaborazione, più creatività, più esperienze che coinvolgano non solo la vista, ma anche l’udito, il movimento, l’interazione.
Agli Stati Generali della Scuola Digitale 2025 si è discusso di tutto questo. Si è parlato di intelligenza artificiale che può aiutare a personalizzare i percorsi, di laboratori STEAM che uniscono scienza e arte, di insegnanti che diventano guide e non semplici trasmettitori di nozioni. Ma è emersa anche una preoccupazione: la tecnologia, da sola, non basta. Se non c’è formazione per i docenti, se mancano regole etiche e attenzione alle differenze tra scuole e territori, il digitale rischia di creare nuove disuguaglianze. E soprattutto, senza una relazione umana, gli studenti si sentono soli, anche dietro lo schermo più avanzato.
La vera sfida è allora questa: costruire una scuola digitale umana. Una scuola in cui la tecnologia non sostituisce, ma potenzia il contatto tra le persone; in cui le piattaforme non sono solo compiti online, ma spazi di collaborazione; in cui l’intelligenza artificiale non toglie autonomia agli studenti, ma li aiuta a svilupparne di più.
Se vogliamo essere rivoluzionari, dobbiamo smettere di chiederci “quale app usare” e iniziare a chiederci “quale tipo di persona vogliamo formare”. Perché una scuola che sa unire mente e tecnologia, conoscenza e creatività, reale e virtuale, è l’unica capace di preparare i giovani non solo al lavoro, ma alla vita. E forse questa è la vera, urgente rivoluzione.
Nessun commento:
Posta un commento