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venerdì 14 giugno 2024

L'aborto: diritto o dilemma?

L’aborto è un tema complesso e controverso che ha suscitato dibattiti accesi nel corso degli anni. Nel 1978, sull’onda delle lotte sessantottine, venne approvata in Italia la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, frutto di anni di battaglie politiche progressiste. Fino ad allora, erano in vigore le norme del Codice Rocco, risalenti all’Italia fascista del 1930, che consideravano l’aborto un crimine contro l’integrità della stirpe.


Prima dell’approvazione della legge 194, gli aborti venivano eseguiti clandestinamente, spesso da mammane e praticoni, con gravi rischi per la salute delle donne, che potevano subire lesioni permanenti o addirittura morire. Gli aborti clandestini comportavano inoltre un notevole esborso di denaro per le donne, che si trovavano spesso in situazioni disperate e senza alcuna tutela sanitaria.


 Gli effetti della legge 194


Uno degli ostacoli principali all’adozione di una legge più permissiva sull’aborto era il timore che la pratica abortiva potesse diventare un comodo metodo di contraccezione. Tuttavia, i dati hanno dimostrato il contrario. Dal 1982, anno in cui si registrò il picco nazionale di casi, il numero di aborti ha conosciuto un costante calo, attestandosi sotto i 100.000 casi all’anno, uno dei tassi più bassi a livello europeo. Questo è stato possibile grazie a vari fattori: un più alto grado di istruzione, una maggiore diffusione dell’educazione sessuale, l’accessibilità ai metodi contraccettivi e l’introduzione di rimedi farmacologici come la pillola dei cinque giorni dopo e la RU486.


L'obiezione di coscienza


Purtroppo, l’efficacia della legge 194 è minata dall’obiezione di coscienza, particolarmente diffusa tra i medici ginecologi, anestesisti e altro personale sanitario, con punte che in alcune regioni raggiungono il 90% dei professionisti. Questo fenomeno getta un’ombra sinistra sul sistema sanitario italiano, poiché molte donne si trovano impossibilitate ad accedere all’interruzione di gravidanza in modo sicuro e gratuito.


L’obiezione di coscienza è spesso motivata da convenienze economiche e professionali, ma anche dal forte condizionamento della Chiesa Cattolica, ancora molto influente nel nostro Paese. Molti ginecologi, infatti, si dichiarano obiettori nel pubblico, ma praticano aborti nel privato o, peggio ancora, in ambulatori clandestini. Questo porta a una situazione di ingiustizia, dove le donne di classe sociale meno agiata sono le più penalizzate e a rischio.


L'aborto farmacologico


L’aborto farmacologico, che potrebbe restituire potere e indipendenza alle donne, è fortemente osteggiato in Italia. Anche molti farmacisti sono obiettori di coscienza, limitando ulteriormente l’accesso a questa procedura. Nonostante la legge 194 sembri promuovere la libertà di scelta, la realtà è che l’aborto è ancora visto come una punizione, associato alla sofferenza e all’espiazione piuttosto che all’autodeterminazione della donna.


 Problemi strutturali e sociali


A tutto ciò si aggiunge il fatto che la contraccezione è ancora largamente a pagamento e i consultori, spesso sottodimensionati e affidati a strutture private, seguono i dettami confessionali della Chiesa. La minoranza di operatori sanitari non obiettori è spesso ostracizzata dai colleghi e dalle stesse strutture in cui lavora. Inoltre, questi medici non ricevono alcun riconoscimento economico o d’immagine per il loro encomiabile senso civico.


La legge 194 e le forze conservatrici


Nonostante la legge 194 sia già piuttosto cauta riguardo ai diritti delle donne, è attualmente sotto attacco da parte delle forze anti-progressiste del Paese, che probabilmente ricevono finanziamenti da stati esteri. La battaglia contro l’aborto sembra far parte di una strategia reazionaria e integralista, volta a erodere i diritti civili conquistati negli ultimi anni, come il divorzio, l’uso dei contraccettivi e i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Queste forze conservatrici si schierano contro il potere delle femministe e a difesa della famiglia tradizionale.


Conclusione


In conclusione, abortire in Italia significa ancora oggi, per molte donne, affrontare una trafila burocratica estenuante e un processo di colpevolizzazione umiliante. È necessario un cambiamento culturale e strutturale per garantire che l’interruzione volontaria di gravidanza possa essere praticata in condizioni di sicurezza e senza discriminazioni. La battaglia per il diritto all’aborto è una battaglia per i diritti umani fondamentali, che deve essere condotta con determinazione e consapevolezza.


Riferimenti bibliografici


P. Maltese, *La scelta negata. Il diritto all'aborto nel paese dell'obiezione*, Catania, Villaggio Maori, 2022