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lunedì 9 agosto 2010

I reality show

Negli ultimi anni, la televisione ha visto proliferare un genere particolare di programmi, noti comunemente come reality show o, più tecnicamente, format. Questi programmi, che spesso hanno un costo relativamente basso e godono di grande popolarità, mettono insieme gruppi eterogenei di persone che interagiscono in situazioni frustranti per periodi prolungati.

Tra i precursori di questo genere troviamo "Il Grande Fratello", ormai un pilastro del panorama televisivo nazionale, insieme a successi come "L'isola dei famosi", "La Talpa" e "La fattoria". Recentemente ha chiuso i battenti "Campioni", un interessante esperimento nel mondo del calcio che seguiva le vicende di una squadra di un campionato minore.

Personalmente, pur preferendo dedicare il mio tempo alla lettura di classici come Platone, Cartesio o Tolstoj, ritengo eccessivo il disprezzo o la sufficienza con cui alcuni élite di spettatori e critici televisivi guardano questi programmi. È vero che, con poche eccezioni come "Amici" o "X Factor", i reality tendono a promuovere alla ribalta individui senza particolari meriti, il cui successo spesso non è proporzionato al loro talento o al loro lavoro, generando spesso una sensazione di sazietà o addirittura disgusto nei telespettatori.

È giusto riconoscere che promuovere il successo disgiunto dal merito è diseducativo, e spesso siamo esposti a volgarità, banalità e noia nei dialoghi e nelle dinamiche dei reality. Tuttavia, non si può negare che questi programmi e i loro protagonisti riflettano in qualche modo la società contemporanea.

Anche se dispongo di poco tempo libero, talvolta mi concedo di seguire le vicissitudini dei personaggi dei reality. Alcuni di loro mi appaiono vivaci, interessanti, talvolta persino seducenti; altri, invece, risultano antipatici o ripugnanti. Come disse Terenzio, "Humani nihil a me alienum puto": riconosco in loro aspetti che esistono in ognuno di noi.

Molti accusano gli spettatori affezionati di questi programmi di voyeurismo perverso, ma credo che questa sia un'interpretazione eccessiva. Il nostro interesse verso la vita degli altri, come dimostra anche il titolo di un famoso romanzo di Moravia, "L'uomo che guarda", può essere una forma di intelligenza e riflessione.

Infine, nei momenti più autentici e spontanei, privi delle artificiosità degli autori, i reality possono essere esperimenti di psicologia sociale con un valore educativo non trascurabile. Assistiamo a come si forma o si sgretola un gruppo, come emergono e si affrontano i problemi interpersonali, e questo può essere un'opportunità di apprendimento per il telespettatore.

In conclusione, sebbene alcuni considerino i reality show come spazzatura, dobbiamo riconoscere che rappresentano uno specchio della nostra epoca e possono offrire spunti di riflessione su dove siamo giunti come società e umanità.