L’amore è uno dei temi più esplorati nella letteratura, nel cinema e nella musica. Per molti adolescenti, l’amore appare come una promessa assoluta: sentirsi finalmente visti, desiderati, importanti. Non è un caso che la narrativa “romance”, quella in cui due persone si innamorano superando ostacoli e difficoltà, abbia così tanto successo, soprattutto tra le ragazze. Ma è lecito domandarsi: il romanticismo rappresentato in questi racconti parla davvero di amore? Oppure, a volte, nasconde forme di dipendenza emotiva?
Nei romanzi d’amore più noti, la protagonista femminile aspetta l’uomo giusto, spesso misterioso, sfuggente, a volte persino rude. L’amore è visto come una forza travolgente, che sconvolge la vita e dà un senso nuovo all’esistenza. In Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, questo meccanismo funziona in modo sano: i protagonisti, Elizabeth e Darcy, cambiano, maturano, e solo dopo questo cambiamento possono riconoscersi e amarsi davvero. Il lieto fine è il risultato di una crescita reciproca.
Ma non sempre l’amore narrato è così equilibrato. In Cime tempestose di Emily Brontë, Heathcliff e Catherine si amano in modo ossessivo, violento, possessivo. Il loro legame sembra più una malattia che un sentimento sano: non si ascoltano, si feriscono, e distruggono tutto ciò che li circonda. Qui, la passione è scambiata per amore, ma ciò che si vede è una profonda dipendenza emotiva.
La dipendenza affettiva è una forma di attaccamento in cui l’altro diventa l’unica fonte di benessere, autostima e senso di identità. Si tollerano l’umiliazione, la freddezza, il disinteresse, pur di non essere lasciati soli. Alcuni romanzi contemporanei, purtroppo, rafforzano questo modello. In Cinquanta sfumature di grigio, ad esempio, Christian è un uomo controllante e freddo, mentre Anastasia cerca di “salvarlo” con il proprio amore. Il messaggio implicito è che l’amore vero deve far soffrire, che per essere amate bisogna sacrificarsi. Ma questo è un messaggio pericoloso.
La realtà è che l’amore maturo non è un brivido continuo, ma un equilibrio tra desiderio, rispetto, vicinanza e libertà. Non deve distruggere, ma costruire. Alcuni romanzi propongono proprio questa visione. In La lettera d’amore di Cathleen Schine, ad esempio, il romanticismo non cancella la razionalità, e l’ironia diventa uno strumento per capire davvero cosa si prova. E in La coscienza di Zeno di Italo Svevo, l’amore viene messo in discussione in quanto parte di una più vasta ricerca di sé.
Dunque, il romanticismo è un bisogno umano legittimo, ma va distinto dalla dipendenza. Il vero amore non ci rende schiavi, non ci cancella, non ci fa soffrire perennemente. Non serve vivere relazioni tormentate per sentirsi vivi: la profondità può trovarsi anche nella quotidianità, nel rispetto reciproco e nella crescita personale.