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giovedì 15 maggio 2025

Intersoggettività o interdipendenza? Due modi diversi di stare in relazione

Oggi si parla molto di relazioni: tutti vogliono amare ed essere amati, trovare qualcuno che li capisca, costruire legami profondi. Ma spesso, quello che dovrebbe renderci felici finisce per diventare fonte di fatica, di incomprensioni, di dolore. Perché?

Uno dei motivi sta nel modello dominante di relazione, chiamato interdipendenza. In questo modello, le persone si sentono responsabili dei bisogni emotivi dell’altro. C’è un continuo scambio di attenzioni, rassicurazioni, conferme. All’apparenza sembra giusto: “Io ci sono per te, tu ci sei per me”. Ma col tempo può diventare un peso. Se ogni volta che l’altro sta male io mi sento in colpa, oppure se ho bisogno di adattarmi sempre ai suoi desideri per paura di perderlo, finisco per sentirmi intrappolato. È come se l’amore diventasse un lavoro continuo, dove nessuno può davvero riposare o essere se stesso fino in fondo.

C’è però un’altra possibilità, meno conosciuta ma molto interessante: si chiama intersoggettività. È un modo diverso di vedere la relazione. Qui non si parte dall’idea che io debba “completarti” o che tu debba “riempire i miei vuoti”. Invece, si riconosce che ciascuno di noi è un soggetto, cioè una persona intera, autonoma, capace di pensare, sentire, scegliere. Due soggetti si incontrano, si ascoltano, si influenzano, ma non cercano di possedersi o controllarsi. Si rispettano nella loro differenza.

L’intersoggettività è come una danza: a volte si è vicini, a volte ci si allontana, ma si resta in relazione. Non c’è bisogno di fondersi, di sapere tutto dell’altro, di essere d’accordo su tutto. Si può amare anche senza essere identici. Anzi, è proprio il fatto che siamo diversi a rendere il rapporto vivo.

Questo modo di relazionarsi non vale solo per le storie d’amore, ma anche per le amicizie, per il rapporto con i genitori, gli insegnanti, i compagni. E persino per il rapporto con se stessi. Perché anche dentro di noi ci sono voci diverse, emozioni contrastanti, parti che vogliono cose opposte. L’intersoggettività ci insegna ad ascoltarle, a non giudicarle subito, a metterle in dialogo. Non siamo un blocco unico, ma una piccola comunità interiore che può imparare a convivere.

In un mondo che ci spinge ad avere relazioni perfette, simmetriche, dove tutto deve funzionare sempre, l’idea di un legame basato sulla libertà, sull’ascolto e sulla coesistenza delle differenze è quasi rivoluzionaria. Forse non è facile, ma può essere molto più umano. E più leggero.