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venerdì 13 giugno 2025

Quando l’amore diventa una gabbia: le illusioni che fanno male

A volte l’amore non basta. Può sembrare una frase dura, ma è una verità che molti ragazzi e ragazze scoprono tardi, quando una relazione che sembrava perfetta si trasforma in un campo di tensione, di giudizi, di pressioni silenziose. L’amore, per essere sano, ha bisogno di libertà, ascolto, e accettazione reciproca. Ma spesso, nelle relazioni, ci si innamora più dell’idea dell’altro che dell’altro in carne e ossa.

Può capitare che uno dei due idealizzi il partner: lo vede forte, sicuro, sempre all’altezza delle aspettative. Lo ammira, lo mette su un piedistallo. Ma quando questa immagine viene scalfita da una fragilità, da un fallimento, da un limite umano, tutto l’equilibrio si rompe. Il partner idealizzato, sentendosi messo alla prova o giudicato, può reagire con frustrazione, insicurezza, o addirittura con rabbia. In alcuni casi estremi, queste emozioni mal gestite degenerano in comportamenti aggressivi.

Anche l’altro lato della medaglia è pericoloso. Se si ama qualcuno solo a condizione che corrisponda al modello perfetto che ci siamo costruiti — che sia forte, brillante, sempre disponibile — allora non si sta amando una persona reale, ma un’immagine. E quando quella persona esprime un lato debole o diverso, può sentirsi rifiutata o non accolta. In queste condizioni, la relazione può diventare una gabbia, anziché un rifugio.

Soprattutto tra i giovani, dove l’identità è ancora in costruzione, l’amore può diventare un modo per sentirsi “giusti”, “confermati”, “di valore”. Ma se l’altro non ci permette di essere noi stessi, con le nostre incertezze, ansie o desideri, allora l’amore diventa una fonte di dolore, invece che di crescita.

È importante imparare a distinguere un amore che nutre da uno che consuma. Un amore sano lascia spazio all’imperfezione, al dialogo, alla possibilità di sbagliare. Un amore malato, invece, impone, giudica, controlla. In casi estremi, può anche trasformarsi in violenza.

Per questo è fondamentale educarsi — e educare — alla consapevolezza affettiva. Riconoscere i segnali di disagio, ascoltare l’altro senza pretendere che sia perfetto, imparare a comunicare i propri limiti senza vergogna. Solo così si può costruire una relazione vera, in cui nessuno debba fingere o reprimere ciò che è.