Le istituzioni totali sono strutture chiuse in cui le persone vivono separate dal resto della società e condividono tutte le attività quotidiane con un gruppo ristretto di individui. Ne sono esempi i manicomi, le carceri, le caserme, i collegi e alcuni ospedali. Questo concetto è stato studiato dal sociologo Erving Goffman, che ha mostrato come queste istituzioni abbiano un forte impatto sulla personalità di chi vi è rinchiuso.
Secondo Goffman, le istituzioni totali annullano l'identità individuale. Chi vi entra perde parte della propria libertà, dei propri ruoli sociali e viene spogliato anche simbolicamente (si pensi alla divisa uguale per tutti, o alla perdita del nome sostituito da un numero). Le regole sono rigide e chi trasgredisce viene punito. L’obiettivo è spesso quello di “rieducare” o controllare i comportamenti.
Da un lato, queste istituzioni possono sembrare utili: garantiscono ordine, sicurezza e cura per chi ne ha bisogno. Ad esempio, una casa di cura può proteggere persone fragili, e un carcere può isolare chi ha commesso gravi reati. Tuttavia, dall’altro lato, esse possono trasformarsi in luoghi disumanizzanti, dove la persona smette di essere trattata come un individuo e diventa solo “un ospite”, “un paziente”, “un detenuto”.
Per questo motivo, molti esperti oggi sostengono che le istituzioni totali andrebbero superate o profondamente trasformate. È importante che ogni persona, anche se fragile o colpevole, venga trattata con rispetto e mantenga il diritto a decidere almeno su alcuni aspetti della propria vita.
In conclusione, le istituzioni totali pongono una sfida importante alla società: proteggere senza opprimere, curare senza cancellare l’identità. Solo trovando un equilibrio si potrà garantire una vera giustizia e una vera umanità.
Riferimenti bibliografici:
E. Goffman, Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza, Torino, Einaudi, 2010
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