giovedì 12 giugno 2025

Immagina la tua vita da vecchio


Quando si ha quindici, diciassette o anche vent'anni, la vecchiaia sembra una terra lontanissima, quasi un pianeta sconosciuto. I vecchi appaiono spesso stanchi, lenti, fuori tempo. A volte fanno tenerezza, altre volte mettono malinconia. Ma raramente ci si immagina vecchi. O se lo si fa, è con un certo terrore, pensando alla solitudine, alle malattie, alla perdita di senso. Come se la vita, dopo una certa età, fosse solo attesa. Un lento spegnersi.


Eppure non è così. Non sempre.


Provo a immaginare la mia vecchiaia, non come una condanna, ma come una nuova stagione. Magari più silenziosa, certo più fragile nel corpo, ma anche più libera. Una stagione in cui si smette finalmente di dover dimostrare qualcosa agli altri. In cui ci si può concedere di essere se stessi. Di scegliere ciò che davvero conta. Di lasciare andare il superfluo.


Penso che da vecchio mi piacerebbe leggere, scrivere, camminare nella natura. Avrei più tempo per riflettere, per osservare le cose con calma, per ascoltare il silenzio. Avrei meno fretta, meno rumore attorno, meno ruoli da interpretare. Mi piacerebbe circondarmi solo di chi mi riconosce per ciò che sono. Non avrei più bisogno di piacere a tutti. Forse scoprirei lati nuovi di me stesso, persino più veri. Perché si cambia anche a settant'anni. E a volte, proprio allora, si comincia a capire davvero chi si è.


La vecchiaia può essere anche un tempo di gioie sottili, di libertà nuova, di scoperta. Lontani dalla pressione sociale, ci si può permettere di essere più autentici, più essenziali. Si può ridere con più leggerezza, ammettere i propri errori senza vergogna, e imparare ancora. Sì, perché anche da vecchi si impara. Forse con più lentezza, ma con più profondità. E se il corpo a volte tradisce, lo sguardo sul mondo può diventare più acuto, più comprensivo, meno giudicante.


Non è vero che la vecchiaia sia solo un deserto. Può essere un tempo pieno. Di cose piccole, di gratitudine, di consapevolezza. Può essere il completamento, mai del tutto finito, di sé stessi. Un tempo in cui, finalmente, si ha il permesso di essere umani.


E forse, immaginandola così, ha meno senso averne paura.

mercoledì 11 giugno 2025

NEET: un capitale umano da non sprecare


In Italia e in molti altri paesi, esiste una fascia di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studia, non lavora e non è inserita in percorsi di formazione. Vengono chiamati NEET (Not in Education, Employment or Training). Spesso se ne parla con toni negativi, come se si trattasse di persone pigre o disinteressate al proprio futuro. Ma è davvero così semplice?


Dietro al fenomeno dei NEET si nasconde qualcosa di molto più complesso. In molti casi, questi ragazzi e ragazze non hanno perso la voglia di costruirsi un domani: semplicemente, non vedono la strada. Alcuni vivono in contesti familiari difficili, altri si trovano in zone d’Italia (o del mondo) dove mancano le opportunità, le infrastrutture e il lavoro. Altri ancora soffrono di disagi psicologici non riconosciuti, come ansia, depressione o senso di inadeguatezza, e si sentono sopraffatti da un mondo che chiede sempre di essere “vincenti”.

C'è anche chi si è chiuso in una visione nichilista, rifiutando un sistema che appare falso, corrotto, ingiusto. Alcuni giovani, infatti, non sono “assenti” perché non hanno idee, ma proprio perché le hanno: idee forti, spesso di rifiuto radicale, che li spingono a isolarsi o a rinunciare a cercare un posto nella società. Tuttavia, anche questa rabbia, anche questo rifiuto, sono segni di vita. Sono la prova che dietro il silenzio, dietro il vuoto apparente, esiste un’energia che può essere trasformata.


Un ragazzo che oggi è un NEET potrebbe diventare, con il giusto aiuto, un artista, un tecnico, un infermiere, un imprenditore o semplicemente un buon cittadino. È un capitale umano che la società non può permettersi di ignorare. Non solo per ragioni economiche, ma per una questione etica: ogni giovane che si perde è una sconfitta collettiva. Ogni potenzialità inespresso è una ferita al futuro.


Per questo, servono politiche coraggiose, capaci di ascoltare questi giovani, di intercettarli, di motivarli, di offrire loro occasioni reali. Serve più orientamento nelle scuole, più supporto psicologico, più investimenti nei territori svantaggiati, più educazione alla speranza. E serve anche un cambio di sguardo da parte degli adulti: meno giudizio, più comprensione.


I NEET non sono "falliti". Sono spesso giovani in attesa. In attesa di un senso, di una fiducia, di una chiamata. La società ha il dovere di rispondere. Perché in ognuno di loro, magari nascosta sotto il peso dell’apatia o del dolore, brilla una scintilla che può ancora accendersi.

lunedì 9 giugno 2025

Freud e la psicoanalisi: un’eredità preziosa ma oggi superata


Sigmund Freud è stato senza dubbio uno degli intellettuali più influenti del Novecento. Le sue idee hanno rivoluzionato il modo di pensare alla mente umana, introducendo concetti come l’inconscio, il sogno come via d’accesso ai desideri nascosti, e la rimozione come meccanismo di difesa. Inoltre, va riconosciuto che Freud era anche un grande scrittore: i suoi testi sono eleganti, pieni di immagini potenti e capaci di coinvolgere il lettore.

Tuttavia, è importante non cadere nell’errore di considerare le teorie freudiane come verità assolute e definitive. La psicoanalisi di Freud si basa su un modello molto semplice e lineare della psiche, che oggi appare superato. Freud immaginava la mente come un sistema “idraulico”, dove le emozioni e le pulsioni si accumulano e devono essere scaricate per non creare problemi. Questo modello funziona come una metafora efficace, ma non corrisponde più a quello che sappiamo oggi grazie alla scienza moderna.

La fisica del Novecento, con la teoria della relatività e la fisica quantistica, ha mostrato che il mondo non è mai così prevedibile e lineare come sembrava. Anche la scienza della mente si è evoluta moltissimo: oggi sappiamo che il cervello e la mente sono sistemi complessi, dinamici e non riducibili a semplici cause e effetti. Per esempio, il concetto di rimozione non è più visto come un meccanismo rigido e meccanico, ma piuttosto come una metafora utile per descrivere come spesso tendiamo a evitare o dimenticare ricordi dolorosi.

Ciò non significa che Freud non abbia lasciato un’eredità importante. Le sue intuizioni hanno aperto la strada a nuovi modi di capire noi stessi e le relazioni umane. Però, è essenziale affrontare le sue teorie con spirito critico, sapendo distinguere ciò che resta valido come spunto culturale o letterario, da ciò che invece è stato superato da nuove scoperte e approcci scientifici.

In conclusione, Freud rimane una figura chiave nella storia delle idee, ma la sua psicoanalisi va considerata con attenzione e aggiornamento, evitando di trasformarla in un dogma. Solo così possiamo apprezzarne davvero il valore, senza rimanere ancorati a una visione del mondo che oggi sappiamo troppo semplicistica.

domenica 8 giugno 2025

La mindfulness: uno strumento per ritrovare calma e consapevolezza

 Viviamo in un mondo che corre veloce. Ogni giorno siamo sommersi da impegni, notifiche, aspettative e pressioni: a scuola, a casa, nelle relazioni. In questo contesto, non è raro che anche gli adolescenti sperimentino ansia, confusione e stress. È qui che entra in gioco la mindfulness, una pratica che può aiutare a ritrovare equilibrio, consapevolezza e benessere.

La mindfulness, parola inglese che significa “consapevolezza”, si basa su un’idea semplice ma rivoluzionaria: imparare a prestare attenzione, nel momento presente, in modo intenzionale e senza giudicare. Non si tratta di “staccare la mente” o fuggire dai problemi, ma di imparare a osservarli con lucidità, accogliendo emozioni e pensieri senza esserne travolti.

Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la pratica regolare della mindfulness riduce lo stress, migliora la concentrazione e favorisce una maggiore stabilità emotiva. Per gli studenti, questo può tradursi in benefici concreti: affrontare meglio le interrogazioni, dormire con più serenità, gestire l’ansia da prestazione, migliorare i rapporti con compagni e familiari.

Certo, non si può pensare che basti chiudere gli occhi per cinque minuti per cambiare la propria vita. La mindfulness richiede impegno, costanza e apertura mentale. All’inizio può sembrare difficile “stare nel presente”, soprattutto quando si è abituati a distrarsi continuamente con lo smartphone o a preoccuparsi per il futuro. Ma con il tempo, si impara a rallentare, a respirare, ad ascoltarsi. E questo può fare la differenza.

Alcuni critici sostengono che la mindfulness sia una moda passeggera o un modo per evitare di affrontare i problemi alla radice. Ma in realtà, se praticata seriamente, può diventare uno strumento potente di crescita personale. Aiuta a conoscersi meglio, a distinguere ciò che è importante da ciò che è superfluo, a prendersi cura di sé in modo più autentico.

In conclusione, la mindfulness non è una bacchetta magica, ma può offrire un valido aiuto per chi desidera vivere in modo più presente e consapevole. In un’epoca frenetica e spesso caotica, imparare a fermarsi e respirare può essere un atto rivoluzionario — e profondamente umano.

Genere, mascolinità e femminilità nella nostra epoca

Negli ultimi decenni, il concetto di genere ha assunto un'importanza crescente nel dibattito sociale e culturale. A differenza del sesso biologico, che si riferisce alle caratteristiche fisiche con cui si nasce, il genere riguarda l’insieme dei comportamenti, delle aspettative e dei ruoli che una società associa al fatto di essere maschi o femmine. Questo significa che mascolinità e femminilità non sono realtà fisse e immutabili, ma costruzioni sociali che possono cambiare nel tempo e nello spazio.

Oggi viviamo in un’epoca in cui le definizioni tradizionali di mascolinità e femminilità vengono messe in discussione. Un tempo, ad esempio, si considerava "maschile" essere forte, autoritario, razionale, e "femminile" essere dolce, emotiva, accudente. Questi stereotipi non solo limitano la libertà degli individui, ma spesso causano sofferenza: basti pensare agli uomini che si sentono giudicati se mostrano fragilità, o alle donne che vengono sminuite se ambiscono a ruoli di potere.

La cultura contemporanea ha cominciato a riconoscere che ognuno ha il diritto di esprimere la propria identità al di là delle aspettative imposte. Sempre più persone rivendicano la libertà di non identificarsi pienamente né come uomini né come donne, o di vivere una mascolinità e una femminilità più personali e autentiche. Questo non significa negare le differenze biologiche, ma smettere di farle coincidere rigidamente con ruoli prestabiliti.

Tuttavia, il cambiamento non è privo di resistenze. In molte realtà sociali e culturali, soprattutto quelle più tradizionaliste, persiste l’idea che esista un solo modo “giusto” di essere uomini o donne. I media, la pubblicità e perfino certi messaggi familiari continuano spesso a proporre modelli stereotipati. Per questo è importante sviluppare un pensiero critico e consapevole.

In conclusione, comprendere il concetto di genere e riflettere su cosa significhi essere maschi o femmine oggi è fondamentale per costruire una società più giusta e rispettosa delle differenze. Mascolinità e femminilità non devono essere gabbie, ma possibilità aperte, in cui ciascuno possa riconoscersi e sentirsi libero di essere sé stesso.

martedì 3 giugno 2025

Il matrimonio tradizionale sopravviverà? Un’istituzione sotto esame

Il matrimonio, pilastro della società per secoli, oggi appare sempre più fragile. Una volta era considerato il traguardo naturale della vita adulta, oggi è spesso oggetto di dubbio, rinvio o rifiuto. Le trasformazioni sociali, culturali e psicologiche hanno modificato profondamente la concezione della coppia e della famiglia, portando molti a chiedersi: il matrimonio tradizionale ha ancora un futuro?

Il declino del matrimonio come norma sociale

In passato, sposarsi era quasi un obbligo. Il matrimonio serviva a regolare la sessualità, garantire la discendenza, consolidare alleanze economiche o sociali. Oggi, queste funzioni si sono indebolite. La contraccezione ha separato sessualità e procreazione, la donna ha conquistato autonomia economica e identitaria, e l’individuo ha acquisito un diritto quasi sacro alla realizzazione personale.

Secondo il filosofo Pascal Bruckner, nel suo saggio Il matrimonio d’amore ha fallito, il fallimento del matrimonio non sta nella sua fine, ma nelle sue promesse troppo grandi. Dopo aver liberato l’amore da obblighi sociali e morali, lo abbiamo caricato di aspettative eccessive: passione eterna, complicità profonda, felicità quotidiana. In altre parole, abbiamo trasformato l’amore in un dovere continuo. Quando la realtà non è all’altezza del mito, ci sentiamo delusi, e abbandoniamo.

Un cambiamento nei bisogni affettivi

Anche lo psicologo Matteo Lancini ha messo in luce come le nuove generazioni vivano la coppia in modo differente rispetto al passato. I giovani oggi crescono in un contesto affettivo più centrato sull’autenticità e sul riconoscimento reciproco. Non cercano più un’unione “per dovere”, ma desiderano relazioni fondate su dialogo, empatia e rispetto. Tuttavia, questa ricerca può diventare paralizzante: di fronte al minimo conflitto, molti temono di aver sbagliato partner e preferiscono chiudere, invece di negoziare. Come nota Lancini, l’educazione sentimentale attuale insegna ad ascoltare sé stessi, ma non sempre a reggere la frustrazione e a costruire un legame duraturo.

Matrimonio: una forma tra le tante

I dati confermano la crisi della forma tradizionale: in Italia i matrimoni sono in calo da decenni, l’età media al primo matrimonio è oltre i 33 anni, e le convivenze crescono. Inoltre, aumentano le famiglie ricomposte, omogenitoriali, monogenitoriali. Questo non significa che la coppia sia finita: le persone continuano ad amarsi, ma rifiutano modelli rigidi. Il matrimonio può sopravvivere, ma solo come scelta consapevole, non come destino sociale.

Conclusione: verso un matrimonio più umano

Il matrimonio non è morto, ma deve accettare i propri limiti. Non può garantire la felicità perpetua, né risolvere tutti i problemi dell’esistenza. Se liberato dalle illusioni romantiche e riscoperto come patto tra persone libere e responsabili, potrebbe non solo sopravvivere, ma diventare una forma di relazione più vera. In caso contrario, continuerà a perdere terreno di fronte a modelli più fluidi, capaci di adattarsi meglio alla complessità affettiva del nostro tempo.

lunedì 2 giugno 2025

Far amare la lettura: una sfida possibile per la scuola


Far amare la lettura: una sfida possibile per la scuola

Si ripete spesso che i giovani non leggono, che “odiano i libri” o che considerano la lettura noiosa, inutile, distante dalla loro vita reale. Ma è davvero così? O forse il problema non è nei ragazzi, ma nel modo in cui la lettura viene proposta, spesso imposta, senza lasciare spazio al gusto, alla curiosità, alla scoperta personale?

La scuola, se vuole davvero formare lettori, deve smettere di concepire la lettura come un dovere scolastico da assolvere per il voto e iniziare a proporla come un’esperienza che arricchisce, emoziona e fa crescere. Leggere non serve solo per migliorare il lessico o la scrittura: è uno strumento potente per conoscere sé stessi e il mondo. Le storie parlano delle nostre paure, dei nostri desideri, delle nostre domande. Chi legge non è mai solo.

Ma come può la scuola accendere questo interesse? Innanzitutto, lasciando più libertà di scelta. Un ragazzo che può scegliere tra più titoli – magari legati ai suoi gusti, interessi o esperienze – sarà più motivato a leggere. I classici della letteratura sono importanti, ma vanno accompagnati da testi contemporanei, vicini alla sensibilità degli adolescenti. Il dialogo tra passato e presente è ciò che può renderli vivi.

In secondo luogo, è fondamentale leggere insieme. La lettura condivisa, ad alta voce o in piccoli gruppi, crea comunità e coinvolgimento. Un libro letto da soli può diventare molto più ricco se se ne parla con altri. Le “biblioteche di classe”, i circoli di lettura scolastici, le recensioni creative (sotto forma di video, podcast, disegni, meme) sono strumenti validi per rendere la lettura un’esperienza attiva, non passiva.

Un ruolo decisivo lo ha anche l’insegnante-lettore. Un docente che legge per piacere, che racconta i libri che ama con passione, che si emoziona davanti a una pagina ben scritta, può essere contagioso. I ragazzi captano l’autenticità, e nulla è più efficace del buon esempio.

Infine, la scuola potrebbe collaborare con biblioteche, librerie, autori e festival letterari, portando i ragazzi a incontrare i libri nei luoghi in cui vivono davvero, e non solo tra i banchi. Un incontro con uno scrittore o una visita a una fiera del libro possono lasciare un segno profondo.

In conclusione, leggere non è un obbligo da sopportare, ma un diritto da scoprire. La scuola ha il compito – e l’opportunità – di creare le condizioni perché questo incontro avvenga. Non tutti diventeranno lettori forti, ma tutti hanno il diritto di sapere che esiste un mondo silenzioso, fatto di parole e pensiero, che può cambiare la vita.