sabato 24 giugno 2023

Il potere nascosto degli ipersensibili

 Introduzione:

Negli ultimi anni, si è prestata molta attenzione al concetto di "ipersensibilità" e al suo impatto sulla vita di molte persone. L'ipersensibilità si riferisce alla capacità di percepire e reagire in modo più intenso alle stimolazioni sensoriali, emotive e ambientali rispetto alla maggioranza delle persone. Nonostante venga spesso etichettata come un impedimento o una debolezza, è importante considerare il potere nascosto che gli ipersensibili possono avere. In questo saggio, esploreremo gli aspetti positivi dell'ipersensibilità e come essa possa contribuire a una maggiore consapevolezza e connessione con il mondo circostante.

Sviluppo:

  1. Maggiore consapevolezza sensoriale: Gli ipersensibili, a differenza dei normopensanti, sono dotati di una maggiore sensibilità sensoriale. Questo significa che riescono a cogliere sfumature e dettagli che spesso sfuggono agli altri. L'ipersensibilità sensoriale può aprirsi a un mondo di esperienze più ricco e stimolante, consentendo loro di apprezzare e comprendere meglio il loro ambiente.

  2. Empatia e comprensione: Gli ipersensibili tendono ad essere altamente empatici e intuitivi. Essi sono in grado di percepire e comprendere le emozioni e i bisogni degli altri con una profondità maggiore. Questa capacità di empatizzare permette loro di stabilire connessioni più forti e significative con le persone che li circondano.

  3. Creatività e originalità: L'ipersensibilità è spesso associata a una maggiore creatività e originalità di pensiero. Poiché gli ipersensibili vivono le esperienze in modo più intenso, sono in grado di cogliere nuove prospettive e generare idee innovative. Questa diversità di pensiero contribuisce alla ricchezza della società, offrendo nuove soluzioni e possibilità.

  4. Profondità emotiva: Gli ipersensibili sono caratterizzati da una profondità emotiva e da una maggiore consapevolezza dei propri sentimenti. Questo li rende capaci di esprimere le proprie emozioni in modo autentico e di connettersi con gli altri su un livello più intimo. La capacità di vivere le emozioni in modo intenso può portare a una maggiore gratificazione e ad una comprensione più profonda della vita.

  5. Intuizione e percezione sottile: Grazie alla loro sensibilità elevata, gli ipersensibili sono spesso in grado di percepire sottili segnali e intuizioni che sfuggono ad altri. Questa capacità di percezione sottile può aiutarli a prendere decisioni sagge e a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e degli altri.

Conclusioni: In conclusione, l'ipersensibilità non dovrebbe essere vista solo come un difetto o un ostacolo da superare, ma come una potente risorsa.

Riferimenti bibliografici:

C. Petitcollin, Il potere nascosto degli ipersensibili, Milano, Sperling & Kupfer, 2019

L'educazione emotiva: un percorso verso la conoscenza di sé

 Nell'attuale panorama delle società occidentali, assistiamo a una crescente preferenza per la concretezza. Questa tendenza, tuttavia, potrebbe non essere necessariamente negativa. È indubbiamente preferibile concentrarsi sui fatti e sui risultati tangibili, anziché sulle innumerevoli chiacchiere prive di senso e sulle prediche retoriche. Scuola e lavoro richiedono lo sviluppo di competenze concrete, in cui la conoscenza occupa un ruolo secondario e viene valorizzata solo se funzionale all'azione. L'intero settore economico è orientato verso una competizione globale, che premierà coloro che riusciranno a realizzare il maggior numero di scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche.

I media spingono i giovani a abbandonare i "superflui" dipartimenti umanistici per dedicarsi allo studio delle cosiddette discipline STEM, che sembrano promettere denaro, benessere e riconoscimento sociale.

Tuttavia, questa concezione estrovertita e materialista dell'esistenza sembra ignorare l'esistenza di un vasto e enigmatico mondo ancora ampiamente inesplorato: il mondo interiore di ciascun individuo. In un'epoca caratterizzata da crescenti opportunità per tutti, ma anche da un disorientamento valoriale senza precedenti, prestare attenzione alla vita interiore non rappresenta un semplice passatempo insignificante, ma una necessità fondamentale per ogni essere umano.

La razionalità che sottende lo sviluppo scientifico e tecnologico non costituisce l'unica dimensione della nostra personalità. Spesso, assume un ruolo secondario rispetto al mondo delle emozioni, delle passioni e della ricerca di significato. Pertanto, emerge l'esigenza di dedicare una parte considerevole della nostra vita allo studio dell'immensità del nostro mondo interiore.

Il benessere interiore, la creazione di relazioni gratificanti e il prendersi cura di sé stessi risultano più importanti, in termini di soddisfazione personale e raggiungimento di gioia e felicità individuali, rispetto al successo materiale, al consumismo sfrenato, alla carriera, alla fama o all'ottenimento di uno status sociale elevato.

A mio parere, l'educazione emotiva dovrebbe essere integrata come una materia scolastica a tutti gli effetti. Troppi giovani rischiano di perdersi, di soffrire e di non realizzare appieno il proprio potenziale e il proprio destino semplicemente perché nessuno li aiuta ad affrontare gli abissi e gli ostacoli del loro essere.

I problemi come il disagio emotivo, l'ansia, la depressione, l'autolesionismo, l'apatia esistenziale, il ritiro sociale, i disturbi alimentari, l'abuso di psicofarmaci, l'alto tasso di suicidi (e tentativi di suicidio) colpiscono una parte significativa dei giovani. Un'educazione emotiva adeguata potrebbe ridurre notevolmente queste sofferenze, che in gran parte sarebbero evitabili. Tale educazione non dovrebbe imporre certezze, valori e interpretazioni conformi alla cultura dominante, ma piuttosto adottare un approccio educativo non dogmatico, aperto alla discussione, alla rielaborazione e alla sintesi di esperienze personali e proposte culturali più varie.

Ritengo che questa materia dovrebbe attingere dagli avanzamenti delle neuroscienze e della psicologia, ma anche (e forse soprattutto) dai messaggi contenuti nelle grandi opere artistiche, letterarie, filosofiche e musicali (senza escludere cantautori e musica pop!) e dalla saggezza profonda e spirituale delle religioni. Non si tratterebbe soltanto di trasmettere conoscenze e informazioni, ma di avviare gli individui alla vita stessa.

Un insegnamento olistico di questo tipo conferirebbe profondità e spessore alle nostre personalità, apportando una dimensione storica, culturale e soprattutto umana alle nostre azioni quotidiane.

Sappiamo bene che il passaggio dall'infanzia all'età adulta rappresenta per ogni individuo una sorta di "shock", che costringe gli adolescenti a confrontarsi con sfere dell'esistenza precedentemente ignote o almeno schermate dalla presenza mediata dei genitori. Le relazioni di coppia, l'amore, il sesso, l'amicizia, il lavoro, la dimensione di gruppo, l'uso del tempo e la ricerca di un senso di vita sono ambiti problematici con cui tutti, a qualsiasi età, dobbiamo fare i conti. Inoltre, ci sono emozioni, sentimenti ed esperienze che spesso faticano ad essere gestiti: rabbia, gelosia, odio, risentimento, aggressività, ambizione, orgoglio, vanità, timidezza, vergogna, imbarazzo, inadeguatezza, solitudine, fallimento, errore, perfezionismo, giudizio degli altri, lutto, rimpianto, ossessione, paura, colpa, violenza, rifiuto, abbandono, ricordo, indifferenza, conflitto, identità, incertezza, rischio e molti altri. Scoprire chi siamo e cosa vogliamo, rivelare le nostre autentiche aspirazioni e talenti, liberarci da condizionamenti e insegnamenti errati è un compito arduo, direi "infinito", eppure è forse l'avventura più importante che ci viene concessa durante la nostra breve esistenza.

Oggi, in tutti gli ambiti della vita, compreso quello economico e produttivo, lo sviluppo di qualità connesse all'intelligenza emotiva è richiesto: gentilezza, empatia, attenzione alle proprie e alle altrui esigenze, socialità, determinazione e una sufficiente stabilità psicologica, creatività e apertura mentale. Gli esperti le definiscono "abilità trasversali" o "soft skills", cioè aspetti della personalità che contribuiscono ad aumentare il "capitale umano" di ciascuno di noi e, in definitiva, la nostra employability. Oltre alle esigenze produttive, lo sviluppo armonioso della sfera emotiva ci consentirebbe di condurre una vita di migliore qualità e più soddisfacente.

In conclusione, l'imperativo socratico "Conosci te stesso" rimane ancora oggi il compito più importante della nostra esistenza. Ignorarlo potrebbe essere fatale per noi stessi e per coloro che ci circondano.

giovedì 22 giugno 2023

Il Welfare State: una sfida per la giustizia sociale e la responsabilità individuale

 Introduzione:

Il concetto di Welfare State, o Stato sociale, si riferisce alle misure intraprese dallo Stato per proteggere i cittadini dai rischi della vita e dai danni derivanti dal mercato, come la disoccupazione, l'invalidità, la malattia e la vecchiaia. Questo sistema di protezione sociale ha avuto origine nel rapporto di Lord Beveridge del 1942, noto come Piano Beveridge. Tuttavia, le prime forme di protezione sociale erano state introdotte già nell'Ottocento in Europa, come ad esempio il "programma nazionale obbligatorio delle assicurazioni" concepito da Bismarck per la Germania nel 1880.

Sviluppo e contesto storico: Contrariamente a quanto comunemente si pensa, le iniziative di protezione sociale non sono state promosse direttamente dalle lotte dei lavoratori, ma sono state elaborate da elite liberali o conservatrici. Questi gruppi erano preoccupati non solo per il potenziale conflitto sociale, ma anche per le conseguenze fisiche sulle nuove leve militari. Mentre in Europa le garanzie sociali sono state ampiamente accettate dai cittadini e dai lavoratori, negli Stati Uniti il sistema di welfare è visto con sospetto, poiché si teme che possa ridurre l'iniziativa e l'impegno individuali necessari per la sopravvivenza e il progresso.

Crisi del sistema di protezione sociale e necessità di riforma: Negli ultimi anni, il sistema di protezione sociale è in crisi anche in Italia, insieme ad altre nazioni. La riforma del Welfare è diventata una delle priorità più urgenti nell'agenda politica nazionale, suscitando dibattiti, polemiche e preoccupazioni elettorali. L'alto debito pubblico accumulato nel corso dei decenni e l'invecchiamento della popolazione impongono la necessità di riformare i sistemi pensionistici, sanitari e di sostegno alla disoccupazione.

L'attuale sistema di finanziamento tramite le imposte non è più sufficiente a sostenere la rete di garanzie esistente. Ciò significa che dovremo accettare l'idea di ritardare l'età pensionabile e di percepire redditi pensionistici più bassi, nonché di contribuire direttamente alle spese per la sanità e l'istruzione.

Dal welfare assistenzialista alla responsabilità e alla giustizia sociale: Negli ultimi anni, sembra che la filosofia alla base del Welfare abbia subito una trasformazione: si è passati da un approccio puramente assistenzialista a una logica di sussidiarietà, responsabilità e opportunità. Questa evoluzione rappresenta un passo positivo verso una maggiore giustizia sociale.

Ad esempio, semplicemente fornire denaro a un disoccupato può contribuire a instaurare una mentalità di passività, mentre garantire un efficace sistema di formazione e collocamento può portare a risultati più soddisfacenti sia per i lavoratori che per le aziende.

Soluzioni e responsabilità individuale: È evidente che una crescita economica positiva negli anni a venire potrebbe risolvere molti dei problemi attualmente dibattuti e portare a un maggiore benessere collettivo. Nel frattempo, molte risorse possono essere recuperate in Italia mediante una lotta agli sprechi e una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni che gestiscono le spese sanitarie e dell'istruzione.

È necessario premiare il merito e favorire la carriera dei manager competenti, eliminando i privilegi di alcune categorie professionali che gravano sulle spalle della maggioranza dei cittadini. Ognuno di noi deve assumersi la responsabilità di un cittadino maturo, orientato alla propria famiglia, alla comunità in cui vive e alle generazioni future, preparato ad affrontare il lavoro, la vecchiaia e la pensione.

Conclusioni: Il Welfare State rappresenta una sfida per la giustizia sociale e la responsabilità individuale. È importante promuovere una società che abbracci i valori di uguaglianza, libertà e solidarietà. L'istituzione di un reddito minimo garantito potrebbe contribuire a garantire che ogni membro della società possa soddisfare i bisogni fondamentali al di là della partecipazione al ciclo produttivo. La lotta agli sprechi, la responsabilizzazione delle istituzioni e la promozione del merito sono passi cruciali per creare un sistema di protezione sociale sostenibile e giusto. Solo attraverso un impegno individuale e collettivo possiamo costruire una società equa e inclusiva.

L'importanza dei classici nella formazione culturale e umana

 Introduzione:

I libri classici sono opere che hanno resistito al trascorrere del tempo e sono stati considerati di valore dai lettori di diverse epoche storiche. Sia quelli antichi, provenienti da civiltà come quella greca e romana, sia quelli moderni, hanno mantenuto una freschezza espressiva e una ricchezza di significati inesauribili. Leggere i classici non solo nutre lo spirito, ma può anche avere un effetto terapeutico, offrendo riflessioni e soluzioni alle nostre angosce e incertezze. Sono i classici stessi a leggere dentro di noi, attraverso i personaggi che creano e i modelli di vita che ci offrono.

Sviluppo: La grande letteratura classica apre mondi interiori inesplorati, arricchisce la nostra percezione della realtà e potenzia le nostre capacità emotive. Ci aiuta a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda, superando pregiudizi e arricchendo la nostra mente e il nostro cuore. I classici ci offrono idee nuove, riflettono i nostri pensieri migliori che spesso non abbiamo il coraggio di esprimere pienamente. Leggere i classici non significa dedicarsi a libri polverosi e dimenticati, ma arricchire le nostre capacità cognitive e superare la superficialità dell'attualità giornalistica e dei social media. I classici rappresentano un antidoto alla dittatura del presente, consentendoci di valutare il nostro tempo con maggiore intelligenza e profondità.

Attraverso i classici, entriamo in contatto con epoche storiche diverse e viviamo vite oltre la nostra. Ci insegnano a esprimerci e a argomentare in modo efficace, affinando le nostre abilità retoriche. Non c'è un'età migliore per leggere i classici; dipende dalla sensibilità e dalla maturità di ciascuno. Tuttavia, incontrarli troppo presto potrebbe impedirci di coglierne appieno il significato. È meglio affrontarli quando abbiamo già qualche esperienza di vita significativa alle spalle.

Nonostante l'enfasi sulla scienza e la tecnologia nella nostra epoca moderna, le grandi opere letterarie e filosofiche mantengono ancora la loro funzione formativa. Una cultura umanistica ben assimilata, oltre alla conoscenza specialistica e tecnica, arricchisce la professione di qualsiasi individuo, che sia un medico, un avvocato, un ingegnere o altro. Non tutto ciò che ha valore è misurabile, ma è evidente che una persona che ha una relazione autentica con i classici, anche se parziale e frammentaria, fornirà una prestazione professionale di maggiore qualità rispetto a chi ne è privo.

Conclusione: I classici rappresentano una scuola di vita e una tappa fondamentale nel nostro percorso verso la saggezza. Attraverso di loro, possiamo accrescere la nostra comprensione del mondo, sviluppare una visione più profonda e umana, e trovare ispirazione per affrontare le sfide dell'esistenza. La conoscenza dei classici non è fine a sé stessa, ma è una delle vie principali che ci guidano verso il nostro sviluppo personale e la realizzazione di ciascuno di noi. Quindi, leggere i classici rappresenta un'opportunità preziosa per arricchire la nostra formazione culturale e umana.

Alberto MORAVIA

 Alberto Moravia è stato uno dei protagonisti del panorama letterario italiano ed europeo del Novecento, e la sua carriera narrativa si estende per l'intero secolo. Nato a Roma nel 1907 con il nome di Alberto Pincherle, Moravia è stato considerato per molti anni, fino alla sua morte nel 1990, il più importante scrittore italiano contemporaneo sia dal pubblico che dalla critica.

Figlio di una famiglia benestante romana, Moravia ha vissuto un'infanzia segnata dalla malattia, che ha acuito la sua sensibilità e di cui ha parlato nella sua triste esperienza nel romanzo "Inverno di malato". Ha raggiunto il successo molto giovane, a soli 22 anni, con la pubblicazione del romanzo "Gli indifferenti".

Moravia è stato in molti modi un precursore e un osservatore curioso dei paradigmi culturali che hanno caratterizzato un secolo turbolento come il Novecento. Ha affrontato con efficacia le nuove idee nelle sue opere, rappresentando un punto di riferimento e uno specchio significativo del suo tempo. Ha esplorato temi come la psicoanalisi (come nel romanzo emblematico "Agostino") e l'esistenzialismo (come nel libro "La noia"), nonché il marxismo e la fenomenologia.

Moravia era un appassionato viaggiatore e amava particolarmente l'Africa, di cui ha scritto celebri reportage. Oltre ai viaggi, aveva un interesse per il cinema e teneva una rubrica di recensioni molto seguita e apprezzata su L'Espresso. Si dice che trascorresse le mattine scrivendo al suo tavolo e dedicasse i pomeriggi alle visioni cinematografiche, circondato dalla sua "corte" di amici letterati. Il suo amore per il cinema era ricambiato, e molti dei suoi romanzi e racconti sono stati felicemente adattati per il grande schermo.

Al centro delle sue narrazioni si trova spesso l'intellettuale borghese in crisi, principalmente ambientato a Roma, città di cui Moravia ha creato una sua personale toponomastica. Roma diventa uno sfondo sornione e immobile per le vicende raccontate. Moravia preferiva ritrarre gli intellettuali perché li considerava gli unici in grado di riflettere sulla propria condizione e di sviluppare un'autocoscienza profonda e originale, a differenza degli uomini d'affari e di altre professioni.

Una caratteristica distintiva della narrativa di Moravia, ammessa anche dallo scrittore stesso e non solo dalla critica, è l'uso del sesso e dell'erotismo come chiave di interpretazione delle vicende umane. Questa prospettiva privilegiata permette di comprendere le relazioni tra le persone e di analizzare l'intera società.

Non sorprende, quindi, che la donna sia uno dei temi centrali delle sue opere. Moravia considerava la donna più naturale dell'uomo e meno influenzata dai condizionamenti storici. Di fronte al mistero delle donne e ai loro comportamenti sempre sorprendenti, Moravia esprimeva meraviglia e incanto.

Moravia era un individuo scontroso e introverso, uno scrittore "impegnato" che si interessava ai problemi civili e sociali del suo tempo. Per esempio, era preoccupato per il pericolo nucleare e temeva la distruzione dell'umanità.

Il suo stile di scrittura, caratteristico e originale, si caratterizza per un distacco critico dalla materia trattata, che alcuni trovano persino irritante, e per un linguaggio "medio" apparentemente arido e quasi burocratico. Tuttavia, Moravia utilizzava questo stile per oggettivare la realtà il più possibile e mettere in luce le miserie umane.

Moravia era un realista convinto e considerava la letteratura come uno strumento per conoscere il mondo e l'uomo. Si lamentava del fatto che in Italia il romanzo fosse considerato una lettura futile, un passatempo ozioso destinato solo all'intrattenimento di un pubblico femminile.

Dopo la sua morte, Moravia è stato in parte dimenticato, ma saranno i decenni futuri a rivelarne il vero valore letterario. È uno dei pochi scrittori italiani conosciuti e apprezzati anche al di fuori del proprio paese.

mercoledì 21 giugno 2023

Il fanatismo: un pericolo sociale da contrastare

Il fenomeno del fanatismo, caratterizzato dall'adesione entusiasta e incondizionata a un'idea, una fede o una teoria, comportando l'intolleranza assoluta verso le opinioni altrui, è un atteggiamento che affonda le sue radici sin dagli albori della storia umana. Nonostante non sia un concetto nuovo, il fanatismo continua ad essere presente nella società contemporanea, e la sua diffusione ha portato a molta violenza e a numerosi mali nel mondo.

L'intolleranza e l'incapacità di accettare le differenze sono caratteristiche intrinseche del fanatico, che spesso si presenta come una persona rigida, dogmatica e inflessibile. Convinto di essere sempre nel giusto, il fanatico mostra scarso interesse nell'ascoltare e nel dialogare con chi la pensa diversamente da lui. Come sottolinea lo scrittore Amos Oz nella sua raccolta di saggi "Contro il fanatismo", il fanatico è essenzialmente un punto esclamativo ambulante.

Spesso, il fanatismo è alimentato dalla paura e dall'incapacità di affrontare l'incertezza caratteristica del nostro tempo. I rapidi cambiamenti e il relativismo culturale mettono in crisi i fanatici, che reagiscono con violenza per affermare i valori di una tradizione ormai superata. Il fanatismo è guidato più dal sentimento che dalla ragione, e non è sempre mosso dall'odio. Spesso, il fanatico crede sinceramente di agire per il bene comune, convinto di migliorare il mondo.

Il fanatismo può portare alla svalutazione della vita umana, dove la giustizia e la fede assumono una rilevanza molto maggiore. La necessità di appartenere a un gruppo per sfuggire all'angoscia esistenziale spinge il fanatico verso il conformismo, l'idealizzazione dei leader e il culto della personalità.

È fondamentale che le società contemporanee si proteggano dal pericolo del fanatismo, iniziando con l'educazione dei giovani. È importante insegnare ai ragazzi il rispetto per gli altri e per la diversità, spiegando loro che la diversità costituisce un valore e non una tara. Il massimo rispetto per la vita umana deve essere diffuso, sottolineando che ogni vita ha un valore superiore a qualsiasi ideologia. Dobbiamo incoraggiare il dubbio e trasmettere la fiducia nella capacità di sopportare la tensione che esso comporta.

L'arte del compromesso deve essere insegnata, mostrando che non rappresenta una sconfitta nei confronti dell'avversario, ma un modo per vincere insieme, affermando la sacralità della vita umana.

Inoltre, è importante promuovere lo studio della filosofia, che ci insegna a problematizzare e a relativizzare le nostre convinzioni. La frequentazione della buona letteratura può favorire la comprensione delle ragioni altrui, attraverso la dialogicità e la polifonia delle opere letterarie che presentano punti di vista diversi e legittimi. Queste attività aiutano a sconfiggere il fanatismo che può essere presente in ognuno di noi.

In conclusione, il fanatismo rappresenta un fenomeno pericoloso che richiede l'attenzione delle società contemporanee. Attraverso l'educazione dei giovani, il rispetto per la diversità, la valorizzazione della vita umana e il sostegno al pensiero critico, possiamo lavorare per contrastare il fanatismo e promuovere una società basata sul dialogo, la tolleranza e il rispetto reciproco.

L'ospedale, il malato e il dolore inutile

Nella società moderna, caratterizzata dall'invecchiamento della popolazione e dall'aumento delle malattie cronico-degenerative, la questione del dolore prolungato del malato ha assunto un'importanza sempre maggiore. Questo fenomeno è particolarmente evidente nei casi di malattie come il cancro, che si protraggono per mesi o addirittura anni. Tuttavia, c'è stato un cambiamento significativo nella sensibilità del settore sanitario italiano e di altri Paesi avanzati nei confronti del dolore.

La concezione tradizionale del dolore, derivante dalla cultura cristiana che ha dato origine agli ospedali e all'assistenza sanitaria organizzata in Europa, lo considerava come una forma di espiazione delle colpe del malato e come un mezzo per purificarsi dai propri peccati, in vista della salvezza eterna. Questa visione, con connotazioni religiose e salvifiche, ha persistito fino ai giorni nostri. Anche l'architettura stessa degli ospedali, costruiti fino al secolo scorso, rifletteva questa ideologia della sofferenza, con ambienti tetri, privi di privacy e di comfort per i pazienti. Anche gli edifici più recenti, sebbene più moderni, hanno mantenuto un'atmosfera fredda e anonima, senza molte delle comodità di base.

Tuttavia, i progressi della medicina tecnologica e l'avvento di efficaci farmaci antidolorifici, insieme all'affermarsi di una visione laica della vita, hanno rivoluzionato l'approccio medico alla sofferenza fisica. Già nel 2001, l'ex ministro della Sanità e rinomato clinico Umberto Veronesi ha lanciato in Italia il progetto "ospedale senza dolore", seguendo l'esempio di altre iniziative promosse in Paesi all'avanguardia.

Da allora, il dolore è diventato un parametro misurabile, da documentare sulla cartella clinica del paziente e da monitorare quotidianamente, come la temperatura, la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la frequenza respiratoria. Farmaci antidolorifici come la morfina, che in passato erano considerati sospetti per i presunti rischi di tossicità e dipendenza, vengono oggi prescritti con maggior frequenza e facilità. I tabù ideologici e gli ostacoli burocratici che rendevano problematica la prescrizione e la somministrazione di questi farmaci sono ormai caduti.

Inoltre, l'atteggiamento di molti medici, infermieri e altri operatori sanitari nei confronti dei pazienti affetti da dolore è notevolmente cambiato. Oggi, un paziente che soffre per il dolore è considerato un segnale negativo e un indicatore di scarsa qualità dell'assistenza, per cui gli operatori devono intervenire. Mentre in passato la sofferenza veniva spesso ignorata, concentrandosi principalmente sulla lotta contro la malattia, oggi il malato che soffre, sia in ospedale che a domicilio, è visto come una situazione inaccettabile. Finalmente, la nostra cultura ha riconosciuto l'aspetto disumano della sofferenza.

Ogni ospedale moderno ha istituito un Centro per la Terapia del dolore, di solito guidato da un medico anestesista, dove i pazienti affluiscono in cerca di un sollievo efficace per le loro sofferenze croniche e intense. Sono stati creati anche servizi di cure palliative sul territorio e un nuovo protagonista si sta affermando nel panorama della medicina contemporanea: il medico palliativista. Il compito di questa figura è quello di seguire i pazienti affetti da gravi malattie croniche e di accompagnare, se necessario, la loro transizione verso una morte serena e priva di sofferenze.

La medicina palliativa, nata con il movimento degli hospice, pone al centro la persona malata nella sua totalità fisica, psichica, spirituale e sociale, anziché focalizzarsi esclusivamente sul danno agli organi come avviene nei reparti ospedalieri altamente specializzati. Il paziente non è più solo un numero o una malattia da valutare in modo asettico attraverso test di laboratorio e radiografie computerizzate, ma è un essere umano che merita assistenza premurosa e umana. Si sta affermando sempre di più una visione olistica della medicina, che, pur facendo uso delle risorse tecnologiche, pone grande importanza sulla qualità della relazione tra paziente e curanti, nonché con familiari e amici. Questa prospettiva umanizzante sembra contagiare positivamente anche altre aree e specializzazioni nel campo della medicina contemporanea.

Non mancano, tuttavia, ostacoli, resistenze e inerzie di fronte all'avanzamento di questa nuova, ma antica, concezione della medicina. Solo il futuro ci dirà se questa silenziosa e promettente rivoluzione sanitaria riuscirà a imporsi nell'interesse stesso della persona malata, del suo benessere e della sua dignità.