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lunedì 9 agosto 2010

L'omosessualità

Circa cinque-dieci persone su cento sono omosessuali, cioè provano attrazione per persone del proprio sesso. Si tratta di una minoranza consistente, che si trova ancor oggi a dover combattere contro stereotipi, pregiudizi, ostacoli, che la società continua ad opporre a chi manifesta la propria personalità più autentica.
Eppure sono anni che l'omosessualità è stata depennata dal novero delle malattie psichiatriche. Sul DSM, una sorta di bibbia della psichiatria internazionale, in cui sono classificati tutti i disturbi mentali, dell'omosessualità non c'è traccia dal lontano 1973. Ed è già dal 1993 che l'Organizzazione mondiale della Sanità ha classificato l'omosessualità come una variante normale della sessualità umana.

Eppure la nostra epoca storica, malgrado la piena assoluzione decretata dal potere medico, è una delle più omofobe che si conoscano.
Ci sono state epoche storiche in cui si dava minor importanza ai gusti sessuali delle persone e quello che uno faceva in privato non riguardava più che tanto la comunità.

L'omosessualità, invece, sconta tuttora l'oppressione, la persecuzione, l'aggressività che ogni società riserva al diverso, a chi è in minoranza, a chi non rientra nelle caratteristiche del gregge. Alcuni paesi considerano l'omosessualità un reato da punire con pene detentive. Diverse nazioni, come l'Arabia Saudita, l'Iran, la Nigeria e lo Yemen, puniscono ancor oggi l'omosessualità addirittura con la pena capitale.

Nell'esclusione e nella violenza verso la persona omosessuale entrano in gioco meccanismi psicologici ormai ben compresi, ma ancora molto diffusi, in particolare la proiezione, attraverso la quale gli individui si proteggono dai propri aspetti ombra, dagli abissi inquietanti della propria psiche, attribuendoli agli altri, veri e propri capri espiatori. Ciò permette di liberarsi dall'angoscia suscitata dalla diversità, attraverso una sorta di autopurificazione.

Il più noto psicoanalista italiano, scomparso alcuni anni or sono, Cesare Musatti, sosteneva che non esiste l'eterosessualità perfetta, che anche l'eterosessuale più convinto può nutrire occasionalmente, nel corso della propria vita, desideri verso persone del proprio sesso. Questo è particolarmente vero per l'adolescenza e la giovinezza, quando l'identità sessuale non è ancora completamente fissata.

Niente di ciò che è umano mi è estraneo, asseriva il classico Terenzio.
Mentre ciò che manca a chi prova ostilità verso gli omossessuali è proprio l'empatia, la capacità cioè di uscire dal proprio egocentrismo e di calarsi nei panni dell'altro, capire le differenze, ma anche le somiglianze, capire che l'altro è un nostro simile, ci è umanamente prossimo, vicino.

Inoltre, al di là delle considerazioni psicologiche e delle citazioni classiche, ciascuno di noi non può ignorare il grande contributo che gli omosessuali hanno fornito allo sviluppo della nostra civiltà.
Per rimanere ad autori della letteratura italiana più vicini alla cultura giovanile contemporanea, ricordiamo i nomi e le opere di Tondelli, Busi e Pasolini.
E riandando indietro, come dimenticare quella stupenda cattedrale letteraria che è la Recherche dell'omosessuale Proust? O le liriche antiche di Saffo?

L'elenco potrebbe continuare e sarebbe lunghissimo e sorprendente, non solo in campo artistico, bensì anche in ambito tecnico-scientifico.

Eppure gli omosessuali, che sono assolutamente soddisfatti del proprio orientamento sessuale, devono ancora condurre vite in salita, spesso irte di difficoltà.

Nevrotizzati talora da famiglie che non li accettano, discriminati sul lavoro e persino dalle leggi di molti stati che, magari, in altri campi si fanno paladini dei diritti umani, fatti oggetti di sciocche battutine e di stomachevoli parodie cinematografiche, gli omosessuali faticano a essere accettati nella loro completa umanità.

Tutto questo è ingiusto ed è auspicabile che, aumentando nell'attuale società l'istruzione e la consapevolezza dei propri e degli altrui diritti, certe persecuzioni ci appaiano sempre più come oscure manifestazioni di una sorta di Medioevo, da superare e dimenticare.

La sfida della universalizzazione dei diritti umani: progressi, ostacoli e possibili soluzioni

Introduzione: Tra le conquiste più significative del Novecento, troviamo la universalizzazione dei diritti umani, un processo che ha portato alla sensibilizzazione e all'attenzione crescente verso tali diritti a livello globale. Nonostante ciò, questa conquista non è ancora pienamente realizzata. Osservando i quotidiani e i telegiornali, ci rendiamo conto che soprusi, violenze e oppressioni avvengono ovunque nel mondo, negando milioni di persone il diritto di vivere in libertà e sicurezza. Questa realtà ci spinge a riflettere sui motivi per cui, nonostante la lunga storia dei diritti umani e l'impegno delle istituzioni internazionali, siamo ancora lontani dall'attuare pienamente tali diritti.

Sviluppo:

  1. Le radici storiche e morali dei diritti umani:

  •   L'evoluzione storica e culturale: I diritti umani hanno radici che risalgono al Seicento e       Settecento, con pensatori come Locke e gli illuministi. Successivamente, le Rivoluzioni     americana e francese hanno contribuito a consolidare idee sulla libertà e l'uguaglianza     degli individui.
  •     La Dichiarazione universale dei diritti umani: Nel 1948, l'Assemblea generale delle            Nazioni Unite ha adottato la Dichiarazione universale dei diritti umani, segnando un        momento importante nella consapevolezza e nel riconoscimento di tali diritti a livello     internazionale.

  1. 2. Ostacoli alla piena attuazione dei diritti umani:
  • Bisogni storici e culturali: I diritti umani non sono semplici bisogni fisiologici, ma dipendono dall'evoluzione biopsichica, sociale e culturale della specie umana. Ciò rende il processo di attuazione complesso e soggetto a mutamenti in base alle vicende storiche e al progresso tecnologico.
  • Interessi politici ed economici: In molte parti del mondo, i poteri politici ed economici di una minoranza possono opporsi alla piena realizzazione dei diritti umani, preferendo mantenere privilegi e potere anche a costo di perpetuare violenze e oppressioni.
  • Il relativismo culturale: L'ambiguo "relativismo culturale" può giustificare misfatti e oppressioni in nome della diversità culturale, creando ostacoli alla promozione di diritti umani universali.
  1. 3. Possibili soluzioni per promuovere i diritti umani:

  • Il ruolo di Amnesty International: Organizzazioni come Amnesty International svolgono un ruolo cruciale nel denunciare le violazioni dei diritti umani e nell'attirare l'attenzione internazionale su queste problematiche.
  • La comunità internazionale e le sanzioni: Gli organismi internazionali possono adottare sanzioni politiche ed economiche nei confronti dei Paesi che violano sistematicamente i diritti umani, al fine di esercitare una pressione per il rispetto di tali diritti.
  • Il dialogo e la diplomazia: La promozione dei diritti umani può avvenire attraverso il dialogo e la diplomazia, incoraggiando i Paesi a intraprendere riforme interne per garantire il rispetto dei diritti umani.
  • L'educazione e la sensibilizzazione: È essenziale investire nell'educazione e nella sensibilizzazione per diffondere la consapevolezza dei diritti umani sin dalle prime fasi della formazione individuale, in modo da sviluppare una cultura di rispetto e promozione di tali diritti.

        Conclusione: La universalizzazione dei diritti umani è un obiettivo ancora da raggiungere nonostante i progressi fatti finora. L'attuazione piena dei diritti umani richiede un impegno costante da parte della comunità internazionale, delle istituzioni e dei singoli individui. Superare gli ostacoli legati a interessi politici ed economici, abbracciare il dialogo, la diplomazia, l'educazione e la sensibilizzazione sono passi cruciali per promuovere una cultura dei diritti umani e lavorare verso una società in cui la dignità e la libertà di ogni individuo siano effettivamente garantite. Solo attraverso tali sforzi si potrà aspirare a quella che Kant chiamava la "pace perpetua", rendendo i diritti umani un'utopia realizzabile per il bene di tutta l'umanità.

        Il telefono cellulare

        Sono stato per un lungo periodo diffidente nei confronti del telefono cellulare.

        Gli esibizionisti che ce l'avevano costantemente attaccato all'orecchio, persino alla guida, assumendo espressioni per nulla intelligenti, mi ispiravano assai scarsa simpatia.

        Tuttavia, col tempo, ne sono rimasto catturato anch'io. Non rincorro l'ultimo modello, risibile status-symbol, ma riconosco che il telefono cellulare ha, negli ultimi anni, cambiato la vita di tutti noi.

        Ha, per esempio, spedito in pensione le vecchie cabine telefoniche, verso le quali nutro una mesta nostalgia. Diffuse capillarmente sul territorio nazionale, presenti in ogni centro grande o piccolo, da Sondrio a Cefalù, le cabine telefoniche erano diventate un importante simbolo dell'unità nazionale.

        Oggi non ci sono quasi più. E presto, forse, spariranno gli orologi da polso. Il cellulare li sostituisce egregiamente: oltre a segnare l'ora, fa da cronometro e da sveglia.
        Non solo: funge da videogioco, da rubrica, da calcolatrice, da foto e da video-camera, da quotidiano, da computer. È multimediale.

        Dietro la prepotente affermazione del telefono cellulare non ci sono soltanto ragioni utilitaristiche. Anzi, come sempre nell'affermazione di un nuovo oggetto, conta molto la sua funzione psicologica.

        Portare con sé il telefonino è come portarsi appresso un pezzetto di casa: ci si sente più sicuri, meno soli nell'affrontare un mondo, che tutti noi a volte percepiamo come ostile. Non solo il cellulare ci può essere utile nelle situazioni di emergenza, ma anche in circostanze più banali, quotidiane; esso ci permette di sentire più vicine le persone cui siamo più emotivamente legati.

        In un'epoca storica di declino forse irreversibile della corrispondenza epistolare il telefonino, tramite gli SMS, ha riconferito valore alla parola scritta, impiegata in una comunicazione al passo coi frenetici ritmi della vita contemporanea, una corrispondenza stringata, veloce, immediata, come sarebbe senz'altro piaciuto ai futuristi, dove la brillantezza di una personalità ha la possibilità di estrinsecarsi ricorrendo a pochi caratteri.

        Grande strumento di socialità, il telefonino permette anche ai più timidi di esporsi nella vita sociale, a piccole dosi, in maniera modulata e quasi intimista.

        Inoltre penso che il telefonino giochi un ruolo crescente nella seduzione. Non solo la pubblicità dei cellulari è popolata di belle ragazze e baldi giovanotti, ma davvero il telefonino costituisce una possibilità in più per avvicinare ragazze e ragazzi, spezzare le barriere tra coetanei. Basta un messaggino e può scoccare la scintilla.

        Che non si tratti ormai di un oggetto effimero, bensì di un'invenzione tecnologica destinata a durare, lo testimonia la sua diffusione ormai planetaria.

        Pensavamo che il cellulare attecchisse soltanto presso gli italiani, notori esibizionisti, sempre un po' sopra le righe e invece il cellulare ha conquistato pure l'austero e calvinista Nord del mondo. Persino gli svizzeri, compassati tradizionalisti, ne sono diventati fanatici estimatori.

        Scriveva, soltanto pochi anni fa, Derrick de Kerckove:
        "Il telefono cellulare è la più intima di tutte le nostre tecnologie di comunicazione, sebbene alcuni potrebbero sostenere che è anche la più rumorosa e intrusiva". Oggi dobbiamo riconoscere che la sua profezia si è pienamente avverata.

        L'intolleranza umana: un ostacolo alla convivenza pacifica e al progresso sociale

        Introduzione: L'intolleranza rappresenta un grave problema che attraversa le diverse culture, minando la fragilità intrinseca dell'esistenza umana. In nome di dottrine religiose, principi etici o pregiudizi ingiustificati, l'uomo si aggredisce reciprocamente, spesso con ferocia, generando un clima di violenza e ostilità. Esaminando la storia e la filosofia, emerge chiaramente come l'intolleranza abbia alimentato una lunga serie di orrori e violenze nel corso dei secoli.

        Sviluppo:

        1. Manifestazioni storiche di intolleranza:

        • Vicende come il rogo di Giordano Bruno, l'abiura di Galileo Galilei, l'opera dell'Inquisizione, la caccia alle streghe, le atrocità dei campi di sterminio nazisti e i gulag sovietici dimostrano come l'intolleranza abbia costellato il cammino della storia umana.
        • Il razzismo e l'oppressione di genere: Il razzismo e l'oppressione delle donne sono esempi evidenti di intolleranza basata sulla falsa convinzione di superiorità biologica o di genere.
        1. 2. Forme subdole di intolleranza:

        • Discriminazione e pregiudizi di casta, classe sociale o corporazione: Oltre alle forme più evidenti di intolleranza, esistono anche discriminazioni meno visibili che si basano su pregiudizi di casta, classe sociale o corporazione.
        • Intolleranza economica: L'intolleranza economica si manifesta quando l'individuo è privato della libertà di iniziativa economica a causa di un'eccessiva burocrazia che controlla e pianifica ogni attività. Tali sistemi economici, come dimostra il crollo dell'impero sovietico, conducono inevitabilmente al declino.
          1. 3. La tradizione della tolleranza nella storia del pensiero occidentale:

          • Diversi pensatori, da Ockham a Boccaccio, da Erasmo a Montaigne, da Locke a Voltaire, hanno sostenuto i valori della pacifica convivenza e della tolleranza.
          • Tuttavia, talvolta certe élite culturali presumono di possedere la verità assoluta e cercano di imporre i loro valori agli altri, spesso ricorrendo alla forza e alla violenza. Questo atteggiamento si traduce in un fanatismo che genera inferni spaventosi.
            1. 4. Limiti umani e necessità di tolleranza:

            • Fallibilità umana: È importante riconoscere la fallibilità umana e la limitata razionalità che porta gli individui a commettere errori anche gravi.
            • Rispetto reciproco: Dato il nostro limite conoscitivo, gli individui dovrebbero vivere secondo le proprie idee, rispettando la libertà e la vita altrui, senza cercare di imporre con la forza le proprie convinzioni.
            • Società aperte e dialogo culturale: Le società evolute e aperte si basano su un fecondo dialogo culturale e sul rispetto reciproco, dove lo scontro tra concezioni diverse avviene in modo pacifico e rituale.
                1. 5. I benefici della tolleranza:

                • Benessere materiale e psicologico: La tolleranza favorisce lo sviluppo delle arti, delle scienze e il benessere materiale e psicologico delle persone.
                • Costruzione di una società pacifica: La tolleranza è essenziale per costruire una società pacifica, in cui la continuità delle attività quotidiane e la stabilità sono possibili, a differenza di un contesto caratterizzato dalla guerra e dalla distruzione.

                  Conclusioni: L'intolleranza rappresenta un male diffuso che ostacola la convivenza pacifica e il progresso sociale. È fondamentale promuovere una cultura di tolleranza che consenta alle società di evolversi in armonia, abbracciando la diversità e rispettando i diritti di ogni individuo. Coltivando la tolleranza, possiamo superare l'intolleranza e costruire un futuro migliore basato sul dialogo, il rispetto e la pacifica convivenza tra gli esseri umani.

                  Il Sessantotto italiano: una rivolta di cambiamento e contraddizioni

                  Introduzione: Nel corso del febbraio 1968, gli studenti occuparono l'università di Roma, dando inizio a un periodo di rivolte e proteste noto come Sessantotto. Questo movimento si estese in tutta Italia, coinvolgendo non solo gli studenti, ma anche lavoratori e altri settori della società. Il Sessantotto fu un momento di grande cambiamento e contestazione, caratterizzato da valori umanitari, la lotta per una scuola migliore, la difesa dei diritti umani e una maggiore partecipazione giovanile alla vita politica. Tuttavia, la rivolta presentava anche contraddizioni e eccessi che hanno influenzato profondamente la storia italiana successiva.

                  Sviluppo:

                  1. L'onda di contestazione giovanile nel contesto mondiale:

                  • Un movimento globale: Il Sessantotto si inserisce in un contesto internazionale, in cui la contestazione giovanile si diffuse in diversi paesi occidentali, come gli Stati Uniti, la Francia e la Germania. La protesta si caratterizzò per la critica del consumismo, la richiesta di una maggiore democrazia, l'attenzione per i diritti umani e l'opposizione alla guerra.


                  • 2. Le caratteristiche del Sessantotto italiano:
                  • Valori umanitari ed espressivi: I giovani sessantottini abbracciavano valori di uguaglianza, libertà, solidarietà e si opponevano alla cultura capitalista. Cercavano l'autonomia e l'autorealizzazione, esaltando il gruppo e l'arte come alternative alla cultura dominante.
                  • Contestazione delle istituzioni: I contestatori si ribellavano alle tradizioni sociali e culturali, criticando la scuola di massa impersonale e i ruoli di genere tradizionali. Il movimento contribuì all'accelerazione del femminismo e alla richiesta di una diversa convivenza tra razze.
                  • L'influenza del marxismo: In Italia, il Sessantotto si legò al marxismo e alle lotte operaie, con studenti e operai che si unirono in protesta. Tuttavia, alcune formazioni extraparlamentari si mostrarono radicali e anarchiche, aspirando a una rivoluzione comunista simile a quella cinese.


                  3. Contraddizioni e eredità del Sessantotto:

                  • Eccessi e violenza: Il Sessantotto italiano conobbe eccessi e violenze, che sfociarono in atti terroristici. Alcuni contestatori abbracciarono una vita alternativa al di fuori del sistema, talvolta caratterizzata dall'emarginazione e dall'uso di droghe.
                  • Ideali vaghi e utopici: Il movimento manifestò spesso obiettivi vaghi e ideologici, distanziandosi dalla concretezza e realtà. La rivolta era guidata da ribellismo e utopismo, influenzato dalle idee di Herbert Marcuse sulla critica della società industriale.
                  • Eredità ambigue: Il Sessantotto ha avuto un impatto significativo sulla società italiana, portando a una maggiore consapevolezza dei diritti individuali e della necessità di un cambiamento sociale. Tuttavia, ha lasciato anche eredità negative, come una percezione miope dei doveri individuali, un ritardo nello sviluppo industriale, un clima di violenza e un certo lassismo nella vita pubblica.

                  Conclusione: Il Sessantotto italiano è stato un periodo di grande fervore e cambiamento, in cui gli studenti e altri settori della società hanno lottato per una maggiore libertà, giustizia e partecipazione politica. Nonostante le sue contraddizioni e gli eccessi, il movimento ha contribuito a portare avanti importanti questioni sociali e culturali. È importante analizzare in modo critico l'eredità del Sessantotto, trarre insegnamenti da entrambi i suoi aspetti positivi e negativi, al fine di costruire una società più equa, inclusiva e responsabile.

                  Il terremoto in Abruzzo

                  Abbiamo partecipato tutti, tramite le notizie e le immagini trasmesse dai media, con Internet e i social network questa volta protagonisti a supportare stampa e tivù, alla catastrofe che si è abbattuta nel mese di aprile sull'Abruzzo. I morti, i feriti, i dispersi, gli sfollati, le urla di dolore, la sofferenza fisica e psicologica di vittime e sopravvissuti. Tante vite spezzate di uomini e donne, bambini, giovani, vecchi. Tanti progetti esistenziali interrotti dalla prepotenza di un disastro naturale, senza che nessuno di noi sappia fornire una giustificazione plausibile a tanto crudele scempio.
                  E la solidarietà dei soccorritori: vigili del fuoco, speleologi, militari, operatori sanitari, forze dell'ordine, volontari e semplici cittadini, tutti accomunati nella volontà di portare aiuto, a scavare a rischio della vita, tra il sangue, il fumo e le macerie, malgrado l'angoscia che una sciagura di tale portata induce nell'animo di tutti.

                  Un'angoscia che talvolta fa voltare la faccia, distogliere lo sguardo, malgrado le quotidiane rassicuranti spiegazioni scientifiche degli esperti, con i loro calcoli e i loro gradi Richter. Personalmente, ho provato l'impulso di spegnere il televisore, di negare l'esistenza di un'esperienza così traumatica, che ci obbliga a identificarci con le vittime e il loro dolore. Ho cercato di pensare ad altro per non dovermi misurare con domande cui so già di non saper rispondere.

                  Ho pensato che la Natura, che tanto ingenuo ecologismo vorrebbe soltanto benefica, sa essere leopardianamente matrigna, ingannatrice, indifferente alla nostra sorte, e a noi non resta altra possibile reazione, di fronte a tanta crudeltà, che essere solidali l'un l'altro.

                  Eppure anche un disastro naturale di enorme portata come un terremoto, passato il disorientamento traumatico dei primi giorni, fa sorgere dentro di noi il rabbioso sospetto che ad acuire il dramma di decine di migliaia di persone ci siano stati, a monte, dei comportamenti umani scorretti, dei profitti illeciti, delle scelte politiche sbagliate.

                  Perché per esempio nessuno ha ascoltato le previsioni di Giampaolo Giuliani, il sismologo del laboratorio scientifico del Gran Sasso che aveva denunciato con anticipo l'incremento di emissione di gas radon dagli strati profondi delle rocce? Perché case appena costruite, si immagina con tecnologie aggiornate, si sono sgretolate, mentre vecchi edifici hanno resistito alla furia delle scosse? Le norme antisismiche sono state rispettate dai costruttori, o aggirate con la complicità della burocrazia? Quante necessarie verifiche, quanti controlli sono stati omessi?

                  In Abruzzo non sono crollati soltanto edifici privati, ma anche la Casa dello Studente, gli ospedali, persino la prefettura, ganglio vitale della gestione dell'emergenza. Tutte strutture che avrebbero dovuto resistere a terremoti di intensità maggiore di quello che ha colpito L'Aquila e dintorni.
                  Che in Italia ci sia più della metà del territorio a rischio sismico è un fatto noto da anni. Però noi, al contrario di Giappone e California, paesi dove la terra trema di frequente, non sappiamo far tesoro delle dure lezioni del passato. Da noi, grazie a lentezze, inefficienze e sprechi, il cemento armato è sostituito dal cartongesso, le morti evitabili sono sempre troppe e i terremotati continuano a vivere nelle baracche decine di anni dopo il sisma.

                  Passato il drammatico impatto dei giorni immediatamente susseguenti il sisma, accompagnati dal sentimento di cordoglio per le vittime, il terremoto in Abruzzo ci offre oggi l'ennesima occasione per affrontare una fredda e cruda disamina della società italiana e della sua cultura. Come ci ha ricordato il giornalista e scrittore Giorgio Bocca, in un suo autorevole articolo su L'Espresso, in Italia dominano purtroppo ancora l'improvvisazione, il fatalismo, l'interesse particolare e la complicità col potente di turno. Malgrado l'apparente progresso tecnologico e l'incremento dei consumi, è tuttora una morale atavica e meschina, sedimentata in secoli di dominazioni straniere, quella che alberga nell'animo italiano. Una morale da poveracci: "tirare a campare e, se si può, rubarci sopra".

                  In molti, memori delle funeste esperienze del passato in casi simili, presagiamo già come andrà a finire: tante promesse, le responsabilità del disastro negate o insabbiate, i soldi della ricostruzione gestiti da mafie e conventicole varie, i costi gonfiati, i tempi dilatati. L'eterna Italia dell'assenza di senso civico e dei diritti negati del cittadino, la patria dei furbi che campano sul lavoro dei fessi.

                  Aveva ragione Massimo D'Azeglio: "Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani".

                  Combattere il bullismo: un impegno fondamentale della scuola per la formazione dei giovani

                  Introduzione: Il bullismo è un fenomeno sempre più presente nella società contemporanea, che coinvolge principalmente gli ambienti scolastici. Spesso associato a violenze, prepotenze e crudeltà, il bullismo rappresenta una minaccia per la crescita e la formazione dei giovani. È fondamentale che la scuola assuma un ruolo attivo nella lotta contro il bullismo, creando un ambiente sicuro e favorevole allo sviluppo di relazioni positive tra gli studenti.

                  Sviluppo:

                  1. Definizione e caratteristiche del bullismo:

                  • Il bullismo come comportamento aggressivo: Il bullismo è una forma particolarmente negativa di comportamento aggressivo, diretta ripetutamente verso una vittima incapace di difendersi efficacemente.
                  • L'escalation della violenza: Le notizie riportate dai media testimoniano un aumento dell'intensità e della crudele violenza associata al bullismo, generando un clima di disumanità durante il delicato periodo di crescita e formazione dei giovani.
                  1. 2. La scuola come teatro del bullismo:

                  • Una lunga storia di bullismo: Il bullismo ha radici profonde nella storia, con esempi letterari e reali che risalgono a molti anni fa. La scuola è stata spesso il contesto principale in cui si manifesta il bullismo.
                  • Riconsiderare le teorie di Rousseau: È importante riconoscere che, contrariamente alle teorie di Rousseau che idealizzavano l'uomo come naturalmente buono, l'essere umano può essere portato a comportamenti cattivi. La violenza è, purtroppo, una componente ineliminabile della natura umana.
                    1. 3. La crisi della scuola italiana e il bullismo:

                    • La scuola in crisi: La scuola italiana attraversa un periodo di grave crisi, mentre si trova a dover affrontare il compito di migliorare la situazione culturale ed economica del paese.
                    • Il riflesso della cultura deteriorata: La scuola è influenzata da un clima culturale deteriorato, caratterizzato da comportamenti vandalici, umiliazioni, violenze e mancanza di rispetto verso gli insegnanti. Questo clima riflette un permissivismo e un lassismo diffuso, che minano il senso di autorità e di bene comune.
                      1. 4. L'importanza di una risposta educativa contro il bullismo:

                      • Una sfida per la scuola: È essenziale che la scuola prenda l'iniziativa nella lotta contro il bullismo, poiché ha il compito di guidare la formazione dei giovani e migliorare la società.
                      • Il ruolo degli insegnanti: Gli insegnanti devono agire in modo deciso e collaborativo per impedire al bullismo di ostacolare il percorso educativo degli studenti. Devono essere modelli di comportamento positivo e incoraggiare una cultura di solidarietà, tolleranza e rispetto reciproco.
                      • Coinvolgere il gruppo: È importante sensibilizzare il gruppo degli studenti, che spesso complice o tacitamente supporta il bullismo. Promuovere la consapevolezza delle emozioni, diffondere una cultura della solidarietà e dell'accettazione delle differenze aiuterà a creare un ambiente scolastico più coeso e rispettoso.
                          1. 5. Puniti con severità ed educati alla responsabilità:

                          • La necessità della repressione: I bulli devono essere puniti con severità e isolati per impedire la diffusione del bullismo. La repressione, sebbene talvolta sia un rimedio necessario, dovrebbe essere accompagnata da un'azione educativa che promuova la responsabilità individuale.
                          • Responsabilità individuale: È importante inculcare nei giovani il concetto che ciascuno è responsabile delle proprie azioni, indipendentemente dai condizionamenti esterni. La cultura deterministica non deve essere diffusa, ma piuttosto sostenere le capacità umane di autoregolazione e autodeterminazione.

                            Conclusione: 

                            Il bullismo rappresenta una sfida significativa per la scuola e la società nel loro insieme. È fondamentale che la scuola si impegni attivamente nella lotta contro il bullismo, creando un ambiente sicuro e favorevole alla crescita dei giovani. Coinvolgere gli studenti, promuovere una cultura di solidarietà e responsabilità individuale, e punire i bulli con severità sono azioni necessarie per combattere il bullismo e costruire una società più coesa e civile. La scuola deve assumere il suo ruolo educativo e contribuire alla formazione di giovani consapevoli dei propri diritti e doveri, capaci di costruire un futuro migliore per tutti.