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lunedì 9 agosto 2010

Il testamento biologico

I progressi della medicina tecnologica consentono oggi di mantenere in vita persone che soltanto qualche decennio fa, in assenza di tecniche rianimatorie e chirurgiche avanzate, erano destinate a soccombere.
Le moderne tecniche creano tuttavia nuovi problemi. Non sempre il prolungamento quantitativo è accompagnato da un corrispondente livello della qualità della vita. Può accadere che la malattia sia grave e irreversibile, che la persona non sia più in grado di esprimersi e di relazionarsi col mondo esterno, che le terapie e le apparecchiature biomedicali servano soltanto a rinviare nel tempo il momento della morte, ma non ad alleviare le sofferenze del malato. Si parla allora di accanimento terapeutico, un concetto ancora non definito dagli esperti nei dettagli e tuttavia un concetto chiave, significativo, sempre più rilevante nel dibattito bioetico contemporaneo. L'accanimento terapeutico, ossia il prolungamento artificiale della vita oltre i propri limiti, si configura come un modo di procedere della medicina contemporanea, ritenuto ormai inadeguato sia dai rappresentanti delle organizzazioni dei medici che dal mondo laico e persino da autorevoli esponenti della Chiesa cattolica.

Un caso emblematico, che ha creato emozione nell'opinione pubblica, è quello di Eluana Englaro. La donna, in seguito a un incidente stradale, rimase in stato vegetativo permanente per anni, finché il padre ottenne dai magistrati, nel 2008, l'autorizzazione a sospendere i trattamenti, interrotti poi definitivamente nel gennaio-febbraio 2009, tra polemiche, accuse, commozione popolare e grancassa mediatica.

In questo caso il padre si appellò ad una presunta volontà della figlia, espressa quando la ragazza era ancora capace di intendere e di volere. Tale volontà, ricostruita dai magistrati sulla base delle testimonianze di parenti, amici e insegnanti di Eluana, si configura, nel vuoto legislativo italiano, come una sorta di sostituto del cosiddetto Testamento biologico. Un Testamento biologico ante litteram.

Il Testamento biologico (living will) o Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), da non confondere con l'eutanasia, è infatti una dichiarazione anticipata di volontà, un documento con valore legale nel quale una persona, ancora in possesso delle proprie facoltà mentali, esprime le sue volontà circa i trattamenti cui dà il consenso di essere sottoposta, qualora si trovasse in determinate condizioni critiche.

Negli Stati Uniti è una pratica diffusa dagli anni Novanta, senza che ciò abbia comportato particolari difficoltà nell'attuazione, sia di ordine etico che pratico. Sempre nei Paesi Anglosassoni, è consentito delegare a una persona di fiducia (fiduciario), cui si è legati da duraturi e documentati vincoli d'affetto, il compito di concordare col medico le procedure da attuarsi nel caso si sia colpiti da una malattia allo stadio terminale e non si sia più in grado di impartire le proprie volontà, perché in stato di incoscienza.

In Italia una legge sul Testamento biologico non è ancora stata varata, nonostante il forte impatto emotivo sull'opinione pubblica del caso Englaro lasciasse presagire una rapida approvazione, perché non si è ancora arrivati a un accordo se considerare nutrizione e idratazione artificiali come accanimento terapeutico.

Il vuoto legislativo lascia la persona terminale tuttora in balia della discrezionalità e del paternalismo della classe medica. Senza contare che qualora un medico decidesse di sospendere i trattamenti di un malato terminale, senza più speranza di ripresa, potrebbe, secondo le leggi in vigore, essere accusato di omicidio volontario.

Ciò, nonostante le difficoltà di carattere morale circa il Testamento biologico sembrino abbastanza facilmente superabili. Sono quelle relative all'evenienza che la persona muti opinione del corso della vita (basta, in questo caso, riformulare il proprio Testamento biologico, che deve essere sempre revocabile); sulla possibilità degli operatori sanitari di manifestare la propria obiezione di coscienza (deve essere consentita); sulla probabilità che nel frattempo intervengano progressi della scienza medica (basta, in questo caso, far leva su una corretta informazione medico-assistito); sulla eventualità di abusi, scongiurabili attraverso un potenziamento dei servizi di terapia del dolore, di cure palliative e di assistenza domiciliare.

Il Testamento biologico risponde a una nuova sensibilità che si è diffusa tra la gente. È un diritto, sempre più reclamato, ad autodeterminarsi e a restituire nuova dignità al morire. Il ritardo con cui in Italia si è giunti finalmente a un dibattito politico, si spera conclusivo, sul Testamento biologico, è dovuto a remore di natura religiosa, ma soprattutto al fatto che la nostra società edonista e consumista tende a rimuovere esperienze come la malattia e la morte, che disturbano la nostra falsa coscienza di acquirenti di merci, spettacoli e divertimenti.

Eppure la vita e la morte sono due processi inscindibili. Garantire a tutti di morire più dignitosamente significa, usando un paradosso soltanto apparente, elevare la qualità della vita e garantire la preminenza della libertà dell'individuo sull'uso scriteriato della tecnica.