lunedì 9 agosto 2010

La sanità

La percezione che hanno i cittadini della sanità italiana è probabilmente quella di un servizio che non funziona con la dovuta efficienza. Da nessuna altra parte del mondo, probabilmente, esiste il corrispettivo di quel brutto neologismo che da noi, in Italia, risponde a "malasanità".
Spesso questo giudizio parzialmente negativo si basa su esperienze personali di disservizi, che, quando riguardano una sfera così importante e delicata come quella della salute, vengono avvertiti in maniera particolarmente acuta.
A mio avviso, tuttavia, il motivo principale per cui il servizio sanitario viene avvertito come inadeguato, non sono i reali malfunzionamenti, quanto l'immagine che ne trasmettono quotidianamente i media.
Sempre alla ricerca di eventi sensazionali e di vicende commoventi, che, facendo scalpore, incrementino il pubblico di fruitori, carta stampata e televisione si concentrano su tutti quegli eventi negativi capaci di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica, trascurando quanto di buono e di efficace ogni giorno viene fatto negli ospedali e nei servizi sanitari territoriali.
Altre volte si ha l'impressione che dietro alcune feroci campagne allarmistiche si agitino interessi economici e politici, particolarmente vivaci nel settore sanitario, dove le cifre si aggirano sulle migliaia di miliardi di vecchie lire.
Non si tratta, sia chiaro, di negare la presenza, in campo sanitario, di disservizi e inefficienze. E nemmeno di negare che decenni di lassismo, indotto principalmente da un'eccessiva infiltrazione della politica nella conduzione tecnica dei servizi sanitari, abbiano prodotto dei guasti.
La sanità italiana probabilmente non è organizzata secondo criteri manageriali aggiornati. Ci sono con ogni probabilità sprechi e disattenzioni; viene trascurata spesso una cultura del "servizio", che ponga il paziente, il cittadino ammalato, al centro del processo di cura, facendo prevalere invece, in molte occasioni almeno, interessi corporativi intollerabili.
Le strutture stesse sono forse vecchie, obsolete; gli ospedali e gli edifici adibiti alla diagnosi e alla cura in genere, sono spesso di concezione superata, oltre a non essere sottoposti alla dovuta e periodica manutenzione.
A questa rappresentazione un po' fosca della realtà sanitaria nazionale, si debbono opporre tuttavia altri dati che la contraddicono.
Credibili studi internazionali pongono il nostro servizio sanitario ai vertici mondiali per efficacia e soprattutto per capacità di raggiungere l'intera popolazione, cosa che non si verifica per realtà tecnologicamente molto avanzate come gli Stati Uniti, dove molte persone sono di fatto escluse, a causa del basso reddito, dalle prestazioni sanitarie.
C'è il luogo comune che vuole il nostro Paese una nazione di vecchi. Ed è indubbio che gli italiani siano uno dei popoli più longevi della Terra. Sarebbe difficile negare che l'incremento della vita media non sia, almeno in parte da ascrivere all'intervento terapeutico e assistenziale.
Il personale, quello di cui spesso lamentiamo la mancanza di preparazione e umanità, medici, infermieri e tecnici, è invece tra i più scolarizzati paragonato a quello di altri settori economicamente rilevanti.
Ci sono, negli ospedali italiani, punte di eccellenza, che godono della stima e del riconoscimento internazionale. Scienziati e professionisti che tutto il mondo ci invidia. E oscuri operatori che svolgono, in silenzio e con dignità, il proprio compito quotidiano
Molti settori della medicina ipertecnologica, come la chirurgia dei trapianti d'organo, stanno vivendo nel nostro Paese un momento di rapida ed entusiasmante evoluzione.
La gestione dei servizi stessa sta rapidamente mutando e divenendo sempre più "scientifica".
Inoltre sempre più soggetti intervengono nella verifica della qualità delle prestazioni sanitarie, garantendo un benefico controllo capillare: associazioni di cittadini e consumatori, associazioni di volontariato, singoli cittadini che non sono disposti a tollerare vessazioni.
Probabilmente il futuro ci riserverà una maggiore compresenza di pubblico e privato, che, agendo concorrenzialmente, ma in sinergia, dovrebbero garantire servizi più efficienti.
Il pericolo è che un'eccessiva privatizzazione crei degli squilibri e tagli fuori di fatto una parte della popolazione dalle prestazioni sanitarie. Molte nazioni che hanno una sanità in prevalenza privata stanno avendo dei ripensamenti.
Se ne deve dedurre che il liberismo più radicale, in materia di salute, ha effetti disastrosi, che profitto e benessere fisico e psichico dei cittadini, non sempre vanno d'accordo.
Probabilmente lo Stato e le Regioni continueranno a svolgere un ruolo regolatore anche in futuro, un futuro che in campo sanitario mi vede fiducioso.

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